II TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del 27 settembre 2000. Visto il ricorso n. 2249 del 2000 proposto da Marangi Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Tommaso Resta ed elettivamente domiciliato in Lecce presso lo studio dell'avv. Mazzeo alla via Guerrieri n. 1; Contro il Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro-tempore e prefettura di Brindisi, in persona del prefetto pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato per l'annullamento del decreto del prefetto di Brindisi del 19 giugno 2000, protocollo n. 3348/2000/II Sett. e, ricevuto dal ricorrente in data 30 giugno 2000 con il quale rigetta la richiesta di rilascio di preventivo nullaosta per il conseguimento di patente di guida stante l'assolutezza dell'impedimento nei confronti di coloro i quali siano o siano stati sottoposti a misura di prevenzione. Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione resistente a mezzo dell'Avvocatura dello Stato; Vista l'istanza cautelare proposta in via incidentale dal ricorrente; Udito il relatore dott. Silvia Martino e uditi altresi' i procuratori delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Fatto e diritto Con ricorso notificato in data 7 luglio 2000 e depositato il successivo 13 luglio 2000 Marangi Giuseppe ha impugnato il diniego di rilascio del nullaosta per il conseguimento della patente di guida, gia' a suo tempo revocata con decreto del prefetto di Brindisi, n. 2392/sett. 2 del 4 marzo 1994. Tale revoca, espone il ricorrente, era stata a suo tempo determinata dall'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. per anni 2, irrogata dal tribunale di Brindisi con decreto n. 45/1992 del 22 giugno 1992. Con istanza del 18 maggio 2000, indirizzata allo stesso prefetto di Brindisi, il Marangi evidenziava, tra l'altro, la cessazione della misura di prevenzione da oltre un anno e l'assoluta necessita' della patente per lo svolgimento della propria attivita' lavorativa. Avverso il diniego opposto con la nota impugnata il ricorrente deduce, quale unico mezzo di gravame: 1) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120 del codice della strada, cosi' come modificato dal d.P.R. 14 settembre 1994, n. 575, nella parte in cui prevede la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che "sono stati sottoposti" a misure di prevenzione per violazione della legge delega 13 giugno 1991, n. 190, e per essa l'art. 76 della Costituzione; in particolare evidenzia che possono estendersi anche alla fattispecie in esame, relativa ad una misura di prevenzione ormai eseguita, le stesse considerazioni svolte dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 354 del 14-21 giugno 1998, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 120 comma 1 e 130 comma 1 lettera b del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui prevedeva la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che "sono stati" sottoposti a misure di sicurezza personali. Con ordinanza n. 1875/2000 sono stati disposti incombenti istruttori. L'amministrazione, nella relazione di chiarimenti, ha precisato che l'unica condizione ostativa alla restituzione della patente di guida al ricorrente e' rappresentata esclusivamente dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., per la quale, ancorche' ne sia terminata l'esecuzione, non e' intervenuta la riabilitazione. Con ordinanza n. 2265/2000 pronunciata in esito alla Camera di consiglio del 27 settembre 2000, questa sezione ha accolto "ad tempus" l'istanza cautelare e cioe' fino alla decisione della Corte costituzionale sulla questione di legittimita' costituzionale sollevata con separata ordinanza. Il collegio ritiene di aderire alla prospettazione difensiva, precisando che la questione di legittimita' costituzionale viene sollevata con riferimento all'art. 120, comma 1, del codice della strada approvato con d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui prevede che non possono ottenere il rilascio della patente di guida coloro che "sono stati", sottoposti a misure di prevenzione e all'art. 130, comma 1, lettera b), del medesimo codice della strada, nella parte in cui prevede che la patente di guida sia revocata dal prefetto ai soggetti che non siano piu' in possesso dei requisiti morali di cui al precedente art. 120, per contrasto con gli artt. 76, 3 e 4 della Costituzione. Il collegio osserva infatti preliminarmente come siano da ritenersi tuttora vigenti l'art. 120 e l'art. 130, quali originariamente posti a non gia' all'art. 120 quale risultante dalle modifiche introdotte con il regolamento delegato di cui al d.P.R. n. 575 del 19 aprile 1994. Come e' noto infatti l'autorizzazione contenuta nell'art. 2, comma 7, della legge n. 537 del 1993, si limita a prevedere la "delegificazione" delle norme regolatrici di procedimenti amministrativi (indicati in un elenco allegato; tra essi il procedimento per il rilascio e la duplicazione della patente di guida). Parallelamente, la clausola abrogativa contenuta nel successivo comma 8, non puo' che essere riferita alle sole norme regolatrici dei procedimenti e non gia' alle condizioni sostanziali dei provvedimenti che ne sono il risultato. In forza di tale delimitazione, da un lato il regolamento, in quanto si estende a disciplinare aspetti sostanziali della materia, e' da ritenere illegittimo in parte qua, dall'altro, l'effetto abrogativo predisposto dalla clausola di cui al comma 8, della legge n. 537 del 1993, non ha avuto modo di operare, dall'entrata in vigore del regolamento, per quelle norme che non siano meramente regolatrici "dei procedimenti". A tale conclusione sembra di poter giungere anche per il caso, che si presenta nella specie, in cui non siano state introdotte effettive modifiche sostanziali ma il regolamento abbia riprodotto le norme di cui alla legislazione delegata, poiche' ovviamente anche solo la novazione della fonte muta la forza formale e quindi il regime giuridico della disciplina in discorso. Tanto premesso, il collegio osserva poi come la definizione della questione di costituzionalita' sia rilevante ai fini del decidere, gia' nella fase cautelare del presente giudizio, in quanto l'art. 120 del nuovo codice della strada, nel prevedere due differenti categorie di elementi ostativi al rilascio della patente di guida, qualificati come "requisiti morali", configura come assolutamente preclusiva (di talche' il diniego del cosiddetto nullaosta prefettizio rappresenta un atto meramente vincolato) la circostanza di essere stati sottoposti "alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituita dalla legge 3 agosto 1988, n. 327, nonche' dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, cosi' come successivamente modificata e integrata, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi". Depone in tal senso l'elemento letterale ("Non possono ottenere la patente di guida ... - art. 120, comma 1, d.lgs. n. 285/1992), confermato a contrario dal potere discrezionale attribuito al prefetto nei confronti delle persone che abbiano riportato condanne a pene detentive non inferiori a tre anni. Rispetto ad esse occorre infatti valutare se l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura (art. 120, comma 2, d.lgs. n. 285 del 1992). Relativamente alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale il collegio rileva poi che il d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e' stato emanato in virtu' della legge delega 13 giugno 1991, n. 190 (delega al Governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale) che all'art. 2, lettera t) prevede "il riesame della disciplina del ritiro, della sospensione e della revoca della patente di guida, anche con riferimento ai soggetti sottoposti a misure di sicurezza personale e a misure di prevenzione". Ebbene, la Corte costituzionale, con sentenza 21 ottobre 1998, n. 354 ha gia' avuto modo di soffermarsi su tale disposizione e, ribadendo peraltro quanto gia' sostenuto con la sentenza n. 305 del 1996, ne ha dato una lettura "minimale". In sostanza, l'art. 1, comma 1, della legge n. 190 del 1991, delegando il Governo all'adozione di disposizioni aventi valore di legge, intese a "rivedere e riordinare" la legislazione vigente in materia di disciplina della motorizzazione e della circolazione stradale, ha identificato direttamente, quale "base di partenza dell'attivita' delegata" il codice della strada previgente. Cosicche' anche la lettera t) dell'art. 2 che delega il Governo a operare un "riesame" della disciplina concernente la revoca della patente di guida, in mancanza di principi e criteri direttivi che giustifichino la riforma, deve essere intesa in senso minimale, tale da non consentire di per se' l'adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente, o, se del caso, richieste dal coordinamento con nuove norme apprestate dal legislatore delegato. In tale occasione la Corte ha percio' dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni che prevedono la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a misure di sicurezza personale per contrasto con la legge di delegazione e quindi per violazione dell'art. 76 della Costituzione. Lo stesso percorso argomentativo puo' applicarsi anche alla fattispecie all'esame del collegio atteso che nel sistema del vecchio codice della strada non potevano ottenere il rilascio della patente di guida "... coloro che sono sottoposti a misure amministrative di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dall'art. 3 della legge 27 dicembre 1967, n. 1423" (art. 82, comma 1, d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393) ma non gia' anche coloro che fossero stati in precedenza sottoposti a tali misure. Pertanto l'inclusione, fra le condizioni ostative al conseguimento della patente, del non essere stati sottoposti ad una misura di prevenzione (oltre al non esserlo in atto), rappresenta un'innovazione restrittiva effettuata dal legislatore delegato della quale occorrerebbe poter individuare una base nella legge di delegazione. Senonche', come gia' chiarito dalla stessa Corte costituzionale con la citata sentenza n. 354/1998, la delega contenuta nella legge n. 190 del 1991 non consente l'adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente. Il contrasto fra la norma delegata e la legge di delegazione e' sicuramente dirimente in ordine alla definizione della questione di costituzionalita' ma non si possono sottacere considerazioni di carattere sostanziale, in particolare in ordine alla violazione dell'art. 3 della Carta fondamentale per l'irragionevole equiparazione operata fra chi sia stato sottoposto ad una misura di prevenzione e quindi non sia piu' socialmente pericoloso e chi invece sia in atto sottoposto a tale misura. In pratica, mentre rispetto ad una misura di prevenzione in atto, la revoca ovvero il diniego di rilascio della patente, appaiono anch'esse essenzialmente giustificate da finalita' di prevenzione (in disparte ogni considerazione sul carattere vincolato dei provvedimenti in esame e quindi sull'assenza di margini di apprezzamento in sede applicativa), rispetto ad una misura gia' espiata, emerge con tutta evidenza la componente afflittiva di quello che in definitiva viene a configurarsi come una vero e proprio automatismo sanzionatorio. Il che ci riporta indubbiamente alla stessa sospetta violazione dell'art. 76 della Costituzione da parte del decreto delegato. Infatti, se tale fosse stato l'obiettivo del legislatore delegante (eventualmente da riconnettersi all'introduzione della riabilitazione anche per le misure di prevenzione, operato dalla legge n. 327 del 1988, e della configurazione di un vero e proprio "stato" di persona sottoposta a misura di prevenzione, con il prodursi di effetti pregiudizievoli diversi e ulteriori rispetto a quelli funzionali all'esecuzione della misura di prevenzione e alla tutela della sicurezza, dell'ordine pubblico etc.) esso avrebbe dovuto formare oggetto quantomeno di un criterio direttivo in tal senso, per modo cioe' da indirizzare e circoscrivere le scelte del legislatore delegato. In altre parole, il fatto che la legge n. 327 del 1988 abbia introdotto l'istituto della riabilitazione anche per le misure di prevenzione e' irrilevante al fine di "colorare" la delega, atteso che, fra gli effetti pregiudizievoli derivanti dall'applicazione pregressa di una misura di prevenzione l'ordinamento non ricomprendeva anche la revoca della patente di guida (prevista invece per le misure in corso di esecuzione), appunto fino all'innovazione sostanziale introdotta dal nuovo codice della strada. Altro dubbio, concerne poi la compatibiita' delle disposizioni in esame con l'art. 4 della Costituzione. Il possesso della patente di guida e' requisito spesso indispensabile per poter intraprendere un'attivita' lavorativa. Esserne privati in maniera indefinita nel tempo (e cioe' fino a che non intervenga la riabilitazione) rappresenta, a parere del collegio, un vulnus del diritto al lavoro che dovrebbe poter essere bilanciato solo da contrapposte e concrete esigenze, quali la prevenzione dei reati e la tutela della pubblica sicurezza, non perseguibili con modalita' meno limitative della sfera di liberta' individuale. Ma se la misura di prevenzione e' stata eseguita e non e' quindi piu' necessario limitare la liberta' di movimento del soggetto, l'impossibilita' di riottenere il documento di guida non solo attribuisce carattere afflittivo alla misura, ma finisce con l'ostacolare in concreto anche la possibilita' che un soggetto "sospetto" si reinserisca nel tessuto sociale attraverso lo svolgimento di una regolare attivita' lavorativa. Insomma, per tutte le considerazioni esposte, la presente fase cautelare della controversia, ad avviso del collegio, non puo' essere definita indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale (che, per le ragioni sopra svolte, appare non manifestamente infondata), dal momento che il provvedimento impugnato dovra' essere definitivamente sospeso oppure no, a seconda che la norma denunciata venga o meno dichiarata incostituzionale nella sede competente.